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UN MATRIMONIO
(A WEDDING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 gennaio 1980
 
di Robert Altman, con Lilian Gish, Geraldine Chaplin, Vittorio Gassman, Mia Farrow, Lauren Hutton, Viveca Lindfors (Stati Uniti, 1978)
 
Mentre al piano superiore muore la decana della famiglia, in un villone di nuovi ricchi americani si svolge uno degli spettacoli più importanti fra quelli che segnano le nostre esistenze, il matrimonio. A MARRIAGE è la cronaca di questa rappresentazione. Quarantotto (!) personaggi s'intrecciano: ma da quando abbiamo visto NASHVILLE sappiamo che in questo genere di virtuosismi Altman è maestro, e uno dei fascini del film consiste naturalmente nell'osservare con quale perfezione il regista conduce per mano queste esistenze parallele per l'intera durata del film.

Sappiamo anche che l'opera di Altman si può dividere grosso modo in due parti ben distinte, Quella che osserva, in modo sostanzialmente critico ma anche bonario, la società contemporanea americana (MASH, NASHVILLE, BUFFALO BILL e quella invece nella quale esamina l'individuo, sforzandosi di spiegarne il paesaggio interiore (I COMPARI, IMAGES, TRE DONNE). UN MATRIMONIO appartiene alla prima categoria. È la più nota, la più brillante, quella nella quale la straordinaria abilità dell'organizzatore di spettacoli è messa maggiormente in valore. Ma è chiaro che non ci stancheremo mai di raccomandare l'altra faccia dell'opera di Altman, la più segreta e affascinante.

In UN MATRIMONIO non è certamente l'approfondimento delle psicologie lo scopo dell'autore, ma piuttosto il fascino del loro intreccio. I personaggi sono colti un istante, avvicinati più o meno casualmente, e poi abbandonati. Questo perché ad Altman, probabilmente, interessa il carattere provvisorio, teatrale della cerimonia. Quella specie di ruolo imposto ad ognuno dei partecipanti, guidato da Geraldine Chaplin, la maestra di cerimonie (che già in NASHVILLE costituiva l'unico personaggio al dì fuori della mischia), ed osservato dalla cinepresa dei cinedilettanti. Quel ruolo che gli permette, come in tutti i suoi film, di denunciare l'impostura delle regole alle quali una società è legata. Di distruggere quello che, almeno fino a qualche tempo, fa, sii usava definire il sogno americano.

Il cinema di Altman è tutto teso a distruggere la vanità delle apparenze. Per questo, anche in UN MATRIMONIO sì assiste al rovesciamento dei valori apparenti: l'impeccabile padrona di casa si droga, il vescovo impreca, la virginale Mia Farrow è andata a letto con tutta la classe, il cadetto virile è omosessuale, e via dicendo. Per questo compare l'abituale gioco di sdoppiamento dei film di Altman, le coppie di gemelli, i comportamenti paralleli, gli stessi nomi che indicano due personaggi dalle psicologie opposte. Sono quelle contraddizioni della realtà, quelle ambiguità dei modelli che da sempre l'autore cerca di denunciare, in quel suo ruolo di capofila del cinema di smitizzazione (e demistificazione) americano.

Lo straordinario interesse di questo processo non lo sì scopre oggi, e nemmeno la padronanza a volte sbalorditiva che Altman ha del linguaggio: proprio per questo UN MATRIMONIO lascia come sempre ammirati; ma anche leggermente delusi. Perché, indubbiamente, il gioco ad incastri, ed i secondi fini che ne derivano sono meno perfetti ed evidenti che in altre opere del passato. Sarà perché il regista ora gira moltissimo e molto in fretta (dopo questo sono già usciti da tempo QUINTETe UNA COPPIA PERFETTA, a marzo è atteso HEALTH, un apologo sulle elezioni americane, mentre il regista sta già girando BODYGUARD e progettando un POPEYE...) ma c'è già chi lo accusa di dissipare con eccessiva allegria il proprio preziosissimo patrimonio artistico. Ma UN MATRIMONIO non va forse visto con questa eccessiva pretesa: a un film di sconvolgente approfondimento com'era TRE DONNE, doveva forse seguire un affresco divertito, brillantissimo ma pure critico come questo.


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